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venerdì 14 dicembre 2007

SOS al pianeta terra. Nella valle di Elah


La valle di Elah è il luogo in cui si è consumato lo scontro biblico tra David e Golia. Ingegno e forza. Tradotto nel gretto materialismo di oggi, democrazia e leggi tribali. Chi ha detto che la prima debba trionfare necessariamente sulle seconde? Ed è proprio tale se si afferma con modi e metodi brutali? Mai come in questo caso, il nuovo film di Paul Haggis (seconda regia dopo il premio Oscar Crash, 2004) si trova a riflettere sulle dinamiche personali e collettive di un paese, di una intera realtà. Se nel suo esordio il tema centrale era la paura post 9/11 (o più in generale il senso atavico di chiusura e diffidenza proprio di una intera popolazione), stavolta è la Storia che si dispiega alle esigenze dei singoli, è il nostro vissuto a tramutarsi in evento.


Hank Deerfield (Tommy Lee Jones, interpretazione straordinaria) è una persona rigida, ferma nelle proprie convinzioni. È certo che le guerre preventive siano giuste, che esportare benessere anche se finto sia necessario, che la sua nazione sia portatrice sana di giustizia. D’altronde faceva parte della polizia militare e ora che è in pensione inculca negli altri questo credo. In primis nei suoi figli, il maggiore morto durante una esercitazione aerea, il minore in Iraq a combattere contro un regime infame. Purtroppo Mike dovrebbe essere già rientrato dalla missione e invece è scomparso. Partono così le ricerche (coadiuvate da una bellissima Charlize Theron, giovane madre poliziotto vittima di discriminazioni sessuali che sfociano in mobbing), che condurranno ad una tremenda verità.


Paul Haggis dirige in maniera lineare, fin troppo. A volte tutto è esposto, mostrato, svelato. Qualche ‘non detto’ in più avrebbe giovato. Detto ciò, Nella valle di Elah (In the Valley of Elah, 2007) è un film necessario. Umano e toccante. Che compie una riflessione puntuale sull’oggi (interessante il film nel film che i soldati riprendono con i loro cellulari) e fa evolvere i personaggi seguendoli nel loro terribile percorso. Umano e toccante perché ci illustra un mondo spietato, che copre e occulta invece di chiarire. Manda al massacro invece di guarire e sanare le ferite. Tagli e lacerazioni che sono quelli di un padre in cerca di verità e d’aiuto, di una madre che deve rassegnarsi di nuovo al vuoto, alla perdita (piccola e al tempo stesso titanica la parte di Susan Sarandon). Di tanti ragazzi che vivono una scelta come una fuga. Fuga dal dovere per imporre istinto e forza. Proprio come David e Golia che in quella valle si sono massacrati senza pensare a chi li aveva mandati a combattere. Per cosa poi?

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