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sabato 12 gennaio 2008

Caldo, umido Caramello


Chiudete gli occhi e annusate. L’odore che sentirete è di lacca, smalto, capricci, fragilità e determinazione. E non state li a chiedervi che odore abbiano i capricci, la fragilità e la determinazione, possibile che non abbiate mai respirato la pelle di una donna?
Caramel (Labari, 2007) è questo: un film acqua, un film donna. Sette protagoniste legate tra di loro dai lacci di una solida amicizia, portano nel salone di bellezza “Si Belle” le proprie vicende personali. Storie di ordinaria femminilità, vicende comunissime, semplici e terribili che le fanno traballare nelle fondamenta e alle quali riescono a sopravvivere e a rimanere in piedi solo appoggiandosi l’una all’altra. La proprietaria del salone, Layale, interpretata dalla bellissima regista Nadine Labari, è innamorata di un uomo sposato, che nonostante tutte le speranze di lei, non lascerà mai la moglie perché lui “è un uomo abitudinario a cui non piacciono i cambiamenti”. Nisrine (Yasmine Al Masri) una occidentalizzata giovane donna musulmana che in procinto di sposarsi, è costretta ad un paio di punti di sutura per sopravvivere alla prima notte di nozze con un marito che non è stato il primo.


Rima (Joanna Moukarzel), che mostra allo spettatore come uno shampoo a una cliente estremamente seducente possa diventare un erotico incontro fatto di massaggi alla testa e mani nei capelli. Ma soprattutto, durante quelle sedute, mostra a se stessa la sua omosessuale identità.


E ancora Jamale (Gisèle Aouad) che non riesce ad accettare la maturità del suo corpo presentatasi al posto di una perduta giovinezza. E poi Rose (Siham Haddad) una paziente sarta che sulle soglie dell’età d’oro rinuncia all’amore di un affascinante americano per prendersi cura della sorella maggiore Lili (Aziza Semaan). Quest’ultima, diventata con l’età completamente matta, raccoglie tutte le cartacce per strada, comprese le multe sulle macchine, convinta che siano le lettere d’amore del suo fidanzato immaginario.
«Sono ossessionata dalla natura umana - dice la regista - Cerco sempre di sapere se le persone sono felici, e quello che fanno se invece non lo sono, quali sono i meccanismi che ci fanno fuggire, avanzare, lottare, etc». E con questo film, avvolto da una morbida e sinuosa fotografia, fa, in questo senso, un buon lavoro. Ed è proprio questo che ce lo fa apprezzare nonostante la pellicola, in alcuni punti, scivoli in momenti di gratuita banalità. Brave tutte le protagoniste, che seppur attrici non professioniste, danno vita ad una valida interpretazione.

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