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martedì 8 marzo 2011

I'm a loser baby, so why don't you kill me?


Luca e Paolo sono due bravi ragazzi. Due persone perbene, si sarebbe detto una volta. Li incontri alla fermata del bus in una zona disastrata di Roma, dal nome che evoca piante aromatiche, quartiere lontano dal centro – ormai sempre più inesistente. Avevi incrociato i loro sguardi un attimo prima, seduti l’uno accanto all’altro. Il luogo? Un ufficio improvvisato, messo su in quattro e quattr’otto. Offerta di lavoro, contatto telefonico, colloquio fissato. Appuntamento alle 16, secondo piano. Ti apre la porta una bella ragazza, tirata a lucido. Bassina, tuttavia con i tacchi vertiginosi si nota poco. Dalla radio arrivano le note di Sweet Child O’Mine, alla voce fastidiosa di Axl non ci fai più caso, ti lasci trascinare dalla chitarra di Slash e pensi che vorresti avere anche tu un sorriso smagliante e un cielo terso da ricordare. Poco male, il tempo scorre, l’attività inutile della ragazza al “front office” pure. Giacca & cravatta, cioccolatino d’ordinanza, solito lavoro da agente, corso di formazione & provvigioni. Insomma, quel che ci si sente dire è la solita solfa. Telefoni alla tua ragazza e sei alla fermata del bus. È lì che ritrovi Luca e Paolo. È lì che inizi a farne la conoscenza. Prima tempestato di domande, poi affascinato e inquietato dai loro racconti.


Vengono dal profondo Sud, Luca e Paolo. Hanno preso la macchina e una stanza in albergo per una settimana. Li attendono sei giorni intensi e ininterrotti di colloqui. Hanno dalla loro numerose esperienze, non sono brutti, sporchi e con l’anello al naso – come li figurano molte persone del “ricco e opulento” Nord. Venendo a Roma col navigatore capita che in una strada prima a senso unico, ora ci sia un divieto d’accesso. Mica sono tutti dipendenti Atac. Così devi arrivare alla Stazione Termini e invece ti ritrovi sulla Trionfale. Cose che capitano. Niente rispetto alla mancanza di rispetto e di equilibrio. Nella vita e nel lavoro. Luca è stato per diverso tempo in una fabbrica del Nord, la Padania onesta che paga le tasse e produce. Operaio in una media azienda. Buono stipendio in busta paga, assicurazione, malattia, contributi, ferie pagate, buoni pasto, alloggio e rimborso spese per i viaggi nei periodi di festa. Mai avrebbe pensato che nel giro di sei mesi un luogo così chiudesse. Da giugno è a spasso. Come Paolo. Geometra, iscritto all’albo da dieci anni. Ha uno studio privato nella cittadina del profondo Sud, il Meridione che se ne infischia e spreca. Nell’ultimo anno non ha quasi mai lavorato, i costi per il mantenimento dell’attività hanno superato i ricavi. Eccoli allora, nella loro disgrazia. Che è anche la tua disgrazia. Ti congedi alla fermata della metro e vedi lo sguardo di Luca perso oltre il finestrino. Scendi e ripensi alle sue parole: «E pensare che c’è gente che dice “Che palle, domani è lunedì, devo andare a lavorare”… Ce l’avessi io sti problemi!»

Viene in mente Adriana in Io la conoscevo bene di Antonio Pietrangeli. Basta sostituire fascino, vacuità e arrivismo ad una sana, naturale voglia di affermare se stessi. Peccato che allora era il 1965, e “andava tutto bene”.
Abbassate il tricolore, alzate bandiera bianca. Tra chi ti tratta mediamente, chi si fa burle(sque) di te e professioni del cazzo, è proprio dura. Altro che anno della tigre e anno del coniglio, 2010 e 2011 sono proprio anni di merda.

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