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sabato 9 febbraio 2008

English Humor's Funeral Party


Funeral Party (Death At a Funeral, 2007): AH, AH! (per dirla con le parole di Nelson Muntz – I Simpson).
L’idea, siamo sinceri, era promettente: beffardi e incredibili imprevisti di una cerimonia funebre orchestrati dal celeberrimo humor britannico. E cosa, per il genere comico/grottesco, potrebbe essere più appropriato di qualche grassa risata dinanzi a una bara? Poco o niente, non trovate?
Ma.
Le danze hanno inizio quando a casa del defunto arriva il morto sbagliato. Ad accoglierlo e a rimediare all’errore è il figlio, Daniel, un uomo costretto a destreggiarsi tra le richieste della moglie di una vita migliore (lontano dalla suocera) e le mancanze del fratello, un borioso scrittore di successo sempre sfuggito alle responsabilità familiari. In ordine arrivano al funerale, la cugina Martha che deve annunciare all’incontentabile padre il suo fidanzamento con Simon. Quest’ultimo, spaventato dall’incontro con il futuro suocero, che già lo odia, per calmarsi prende un valium a casa del fratello di lei. Troy è uno studente di farmacia e contemporaneamente uno spacciatore di successo che sintetizza da sé le sue droghe.


Naturale che nella boccetta di valium non ci sia il suddetto medicinale bensì un potente allucinogeno. All’arrivo a casa del patriarca defunto, Simon già vede inesistenti farfalle volare e pieno di gioia, ficca la testa in tutte le siepi che incontra e non solo.


Dopo di loro arriva l’auto dello sfigato Howard, un personaggio tanto insicuro quanto inopportuno con tutti a cui ovviamente non ne va mai bene una. Tant’è che tocca a lui andare a prendere il terribile zio Alfie. Un anziano sulla sedia a rotelle pronto ad elargire insulti e parolacce a chiunque gli capiti sotto tiro. Ad accompagnare Howard c’è il suo amico Justin, interpretato da Ewen Bremner (il fantastico Spud di Trainspotting, Danny Boyle, 1996).


A Justin, in realtà, non importa niente del morto né del funerale, vi partecipa unicamente per cercare di conquistare la cugina Martha di cui, secondo la sua labile opinione, è profondamente innamorato. Ciliegina sulla torta l’apparizione di un nano che nessuno conosce e che nasconde un terribile segreto sul morto.


Eh già, gli ingredienti ci sarebbero tutti. Ma qualcosa nel film non riesce proprio a decollare. Non la regia affidata all’eccellente Frank Oz e illuminata dalla fotografia finemente colorata e luminosa di Oliver Curtis. E neppure l’interpretazione degli attori che funzionano bene sia singolarmente che nella coralità della storia. Quello che forse intoppa in gola è la sceneggiatura di Dean Craig, che seppur fa un buon lavoro con il soggetto, pecca parecchio nella sua stesura. Così le grasse risate iniziali dello speranzoso spettatore lasciano a poco a poco il posto, prima, a un’espressione sorridente rimasta in volto più per inerzia che per spontaneità e, poi, a una tipica faccia ebete di chi è pronto a ridere ma non trova nessun motivo per farlo.

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