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martedì 23 dicembre 2008
Buon Natale figli di puttana. La proposta di Bad Santa
Consigli cinematografici sotto l’albero. Avvertenza numero uno: sentimentalismi, cinepanettoni e blockbuster da evitare come la peste. Alla bontà delle feste ci pensa il grande centro commerciale vicino casa vostra, quello dove prima c’erano tanti alberi e quel grosso prato verde. Un po’ come il city mall di Phoenix, luogo scelto da Willie e Marcus per l’ennesima scorpacciata natalizia. È Bad Santa (Babbo bastardo, Terry Zwigoff, 2003) il vero film di Natale: scorretto, cattivo, scomodo, irriverente, acido, nichilista. Proprio per questo commovente. Perché umano. Billy Bob Thornton è un Babbo Natale da prendere a cazzotti: è uno scassinatore disadattato che beve come una spugna, vomita, ha un linguaggio a dir poco sconcio e strani gusti sessuali. Riversa la propria rabbia di vita su un moccioso che non sembra proprio normale. Il classico nerd vittima dei bulli di quartiere. Sarà la sua sfiga a far cambiare Willie, nei limiti di quanto gli risulti possibile. Una commedia di pessimi sentimenti, ideata e prodotta dai fratelli Coen (e così tante cose quadrano), diretta con acume da Zwigoff (da rivedere il suo Crumb dedicato al mitico fumettista Robert e il graffiante Ghost World), interpretata alla grande da Thornton, il ‘nano negro’ Tony Cox e da due caratteristi che urge ricordare. In primis John Ritter, scomparso poco dopo le riprese e cui il film è dedicato. Poi Bernie Mac (morto lo scorso agosto), spassoso capo della sicurezza dalle equivoche tendenze sessuali. Tiri di sigaretta a mille e arance succhiate con espressione impassibile restano impressi nella memoria.
Se Bad Santa pigia sul tasto del grottesco con uno profondo strato d’umanesimo a commuovere sinceramente, The Proposition (La proposta, John Hillcoat, 2005) è cinismo e disillusione allo stato puro. Un western crepuscolare, particolare perché diretto da un regista spesso sottovalutato (procurarsi Ghosts... of the Civil Dead per capire), scritto e musicato da Nick Cave (non c’è bisogno di aggiungere altro, se non che lo score è anche opera di Warren Ellis), ambientato in un contesto insolito come l’Australia di fine Ottocento e interpretato da un cast a cinque stelle.
Danny Huston è Arthur Burns, lurido fuorilegge che fa banda con i fratelli Charlie (Guy Pearce) e Mikey (Richard Wilson). Stanley (magnifico Ray Winstone) è un capitano inglese che si è messo in testa di civilizzare a modo suo questa terra selvaggia e senza Dio. Dopo aver catturato Mikey e Charlie, porge a quest’ultimo una proposta: o gli porterà Arthur oppure il fratello minore Mikey sarà giustiziato. Cosa c’entra il Natale in tutta questa storia? Semplice, il tempo che Charlie ha a disposizione sono nove giorni. Proprio i nove giorni che precedono Natale. Anche se non sembra, perché il sole picchia duro, il deserto ha le sue trappole e si rimane incantanti a rimirare degli splendidi tramonti. Un western anomalo, affascinante proprio per le tematiche, le musiche, gli interpreti (da aggiungere una ammaliante Emily Watson e un bounty killer che risponde al volto folle di John Hurt), la violenza cruda ed esibita, la sensibilità per il tema eterno della cultura anglosassone mondo selvaggio/mondo civile, finalmente declinato senza ipocrisie. Uno dei migliori western degli ultimi anni, spettrale e malinconico, sporco quanto critico e romantico. Un punto di vista inedito e differente anche sul mondo aborigeno e la sua progressiva dipartita. Una ballata moderna ideale per trascorrere con sensibilità la vostra notte di vigilia.
Buon Natale figli di puttana.
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