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venerdì 24 giugno 2011

And the winner is... El premio


Argentina, un tempo indefinito e un luogo indeterminato. Unità che si manifestano poco a poco, così come lentamente si entra nelle vite di Lucía e Cecilia, madre e figlia. La prima è stravolta, quasi allucinata. La seconda ha soltanto sette anni e si comporta esattamente come una bambina di quell'età: gioca, ride, scherza, all'improssivo si fa seria. Le due vivono in una baracca su una spiaggia dove il mare è cupo, minaccioso. San Clemente del Tuyù è un antro oscuro. Sono fuggite. Sono braccate, inseguite. In attesa di un uomo che non si sa quando, se ritornerà. Nella memoria di un cugino morto mentra suonava il pianoforte. Cercano tranquillità, un mare di tranquillità. Una piccola oasi che sembra impossibile in un tempo e in un mondo come quello. Argentina 1976. Per Cecilia la pace (la pacificazione) è rappresentata dalla scuola. È lì che incontra l'amica Silvia, è lì che scopre di avere un grande talento per la scrittura e la lettura. Ed è proprio scrivendo e leggendo che la maestra la sceglie come rappresentante del piccolo istituto per partecipare al concorso bandito dal glorioso e valoroso esercito per celebrare la nascita di una nuova nazione. Cecilia vincerà e vorrà ritirare a tutti i costi l'ambito premio. Anche in errori del genere imparerà a crescere e a saper aspettare.


El premio (The Prize) è l'opera prima di Paula Markovitch, scrittrice e sceneggiatrice di origine argentina, film presentato in concorso alla Berlinale 2011 dove ha ottenuto l'Orso d'Argento per il miglior contributo artistico a Wojciech Staron e Barbara Enriquez. Un'opera che seduce con lentezza. E lo fa con grande semplicità: pochi movimenti di macchina, stacchi rapidi di montaggio, lunghe pause, una  fotografia livida che fa apparire le meraviglie dei paesaggi uno squallido budello dove vita, morte, presente, passato, infanzia e maturità assumono connotati sinistri e opprimenti. La descrizione di una realtà tanto brutale si trasforma in un insieme di simboli che giungono alla surrealtà. Poggiando soprattutto sui corpi delle due attrici protagoniste, Paula Galinelli Hertzog e Laura Agorreca. Il motivo che ha spinto Lucía e Cecilia a scappare si palesa con il passare dei minuti. Quasi senza cause. Il merito della sceneggiatura della Markovitch è proprio quello di evitare il pamphlet, puntando su sentimenti privati, su storie singole che diventano paradigmi universali. Le risate e gli scherzi, i capricci ed i giochi, il rotolare sulla sabbia e bere felici senza pensare al futuro, diventano un paradosso di quotidianità. Le musiche di Sergio Gurrola, minimaliste e dissolte nell'aria, restano sospese come le vite delle due protagoniste. Persino la maestra elementare e il capitano dell'esercito sono descritti con particolari grotteschi: l'onicofagia e lo spaesamento vanno di pari passo. La parata militare di premiazione si risolve in un teatrino dell'assurdo. Dolci note di pianoforte spingono verso un fuoricampo che nel finale sfocia in un commovente distacco, un nuovo approdo risolto fuori fuoco.
El premio è la cruda descrizione di un degrado politico e civile che poco meno di trent'anni dopo si trasformerà nel crac economico che impone un nuovo sfascio, stavolta morale e finanziario. Paula Markovitch ha realizzato un film piccolo e necessario proprio perché ci pone dinanzi ad eventi più grandi e insieme inutili della vita.

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