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giovedì 19 giugno 2008

Cenere alla cenere, polvere alla polvere. E venne il giorno


The Happening (E venne il giorno, 2008) è la chiusura del cerchio per M. Night Shyamalan. La conclusione di una parabola che lascia alle proprie spalle una scia di sangue. L’assenza di comunicazione ci ha portato al dialogo con l’aldilà e chi lo popola (The Sixth Sense, Il sesto senso, 1999). Il Bene dell’Altro ha finito per oscurare il nostro Male interiore, in un’esplosione di colori e gusti pop (Unbreakable, 2000). La fede è stata messa a dura prova, una invasione aliena ha forse potuto scalfirla (Signs, 2002). La paura ha vinto sulla fiducia, facendoci chiudere in una riserva distanti in tutto e per tutto dall’Altro, qualsiasi forma esso assuma (The Village, 2004). Neanche il potere della fiaba e dell’affabulazione in un impeto di ingenuo candore può salvarci (Lady in the Water, 2006).


The Happening sintetizza un intero universo e pone la parola fine su questo mondo. L’umanità è alla deriva. New York, poi Philadelphia e Boston sono i primi luoghi in cui si scatena l’ira della Natura. Nei parchi, nelle aree urbane, fin nei piccoli centri. Una tossina emessa da non si sa bene cosa (le piante, gli alberi, il vento?) induce le persone ad un blocco mentale, preludio ad una sorta di autodistruzione. Il governo è assente e non sa rispondere, i media marciano sulla paura e sparano i soliti colpi idioti: sono i terroristi. No, è inquinamento nucleare. Anzi no, sono scorie radioattive. Per poi rassegnarsi all’ineluttabilità dei fatti. L’uomo è una bestia, ospite indesiderato di questo pianeta. Che si prende la rivincita, con tutti gli interessi.


E venne il giorno è l’insondabile cinematografico, gli spazi immensi degli States dei pionieri di John Ford e l’inspiegabile senza via di scampo di Alfred Hitchcock. Con un tocco di ironia grottesca che non guasta mai. La comunità non è chiusa, ha necessità di aprirsi, di restare isolata per sopravvivere. Si getta in un vuoto che è già dentro i singoli individui (capaci di abbandonare i propri concittadini a gambe levate, di prendere a fucilate chi crede infetto o di litigare per il semplice possesso del potere di gruppo). La wilderness americana è scomparsa sotto i colpi dell’egoismo e dell’ignoranza. Nonostante la splendida fotografia di Tak Fujimoto induca a pensare il contrario. Quando pare che sia ancora nella famiglia l’ultimo appiglio di salvezza, il mondo crolla definitivamente a pezzi.


Shymalan soffre gli stessi difetti di sempre: sceneggiatura zoppicante, dialoghi semplici e scontati, meccanismi di genere che sanno di già visto. Ma diciamola tutta, oggi a Hollywood chi ha il coraggio di girare un film come questo? Un’opera che mischia dramma e fantascienza e sferra un’accusa così forte all’universo che l’ha prodotta. Ci vuole coraggio. E intelligenza. Due doti che al regista di origini indiane non sono mai mancate.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

si vabbè bei concetti...la natura un giorno si ribbellerà,stiamo distruggendo il nostro pianeta,non ci sono più le mezze stagioni(e mi viene da dire meno male altrimenti il vento autunnale ci avrebbe già ucciso)sono cose che dicono tutti, pure il più stupido dei guidatori di suv.a me non è che dispiace la semplicità,anzi,ma sinceramente qua si cade nel banale.poteva benissimo filmare un cartello in cui diceva "basta rovinare la terra sennò sò cazzi"ed era esattamente la stesa cosa..anzi ci risparmiavamo qualche morto spiaccicato.poi scusa che c'entra la storia di loro che si stavano per lasciare ma poi non si lasciano?una cosa tipo "la famiglia ci salverà"?mah..menzione speciale però per il grande donnie blanko del bronx...quelli si che sò film!

ultramagneticglow ha detto...

ciao eddy (ma amedeo che fine ha fatto? altrimenti avrei usato il lei invece del tu...), le osservazioni sono corrette. però come ti ho sempre detto (e come ho scritto nella recensione), a parte il semplicismo di alcune scelte, a mio modo di vedere girare un film di genere in questo modo, al giorno d'oggi, è sempre più raro. quindi mi tengo i thriller di shyamalan ben stretti, trattandoli come merce preziosa. magari negli anni 70, con problemi e modi di comunicare diversi, questo regista sarebbe stato l'ultimo degli ultimi. per i nostri giorni, è un autore davvero prezioso.
circa il fatto che loro si lasciano e poi non si lasciano più, la cosa è da cogliere nel riferimento al cinema di john ford: non c'è la comunità, ci rimane solo la famiglia come unica forma sociale. per altro alla notizia dell'arrivo di un figlio/una figlia, il mondo sta per morire. bello come paradosso, non trovi?