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venerdì 14 dicembre 2007

Welcome to Paranoid Park


Alex è un ragazzo come tanti altri. Ama uscire con gli amici, frequentare senza molto impegno la ragazza, andare a fare skate nei posti adatti di Portland. Il divorzio dei suoi genitori non ha lasciato in lui grandi strascichi, se non la preoccupazione per il fratellino. Un personaggio incredibile per la foga, la paranoia e l’ansia con cui vive la separazione di mamma e papà. La vita scorre liscia insomma, le inquietudini sono quelle proprie dell’età, l’adolescenza. Se non fosse per una notte che si rivela fatale. Alex ha scoperto con Jared il Paranoid Park, luogo di ritrovo di skaters, drop out, disperati, umanità varia e multiforme. Non si sentiva pronto per andarci e invece è il punto ideale per se stesso, le riflessioni e l’umore che sta vivendo. Una notte, in compagnia di un ragazzo più grande, l’esperienza del salto sul treno merci si rivela drammatica: accidentalmente uccide una poliziotto privato. La sua vita si tinge di dubbi, rimorsi, buio.


Paranoid Park (2007) è tra i film di Gus Van Sant più belli, oscuri e sperimentali. Gli attori sono non professionisti e proprio per questo bravissimi. Il mondo dipinto è quello giovanile, così come fatto nella trilogia composta da Gerry (2002), Elephant (2003) e Last Days (2005). Il contorno tremendo: una ragazzina che si vuole impegnare per apparire, appena fa sesso per la prima volta lo comunica via cellulare ad una amica. Padre e madre sono figure sfuggevoli, del primo si intravedono i tatuaggi e la giovane età, della seconda le ansie del dovere in una fisionomia evanescente, sempre fuori fuoco. Del fratellino restano le chiacchiere insensate, dei compagni di scuola lo skate e le riflessioni su uscite e scopate mancate. Resta Macy, amica spesso insistente che capisce ciò che non viene detto e sarà l’artefice di un rito psicomagico (per dirla con Alejandro Jodorowsky...), una purificazione che è anche passaggio ad una nuova fase di vita.


Per tratteggiare un universo così tranquillo eppure orrendo, Van Sant mischia le carte in tavola. Gira in costante slow motion, un ralenti struggente e mai consolatorio. Sceglie una colonna sonora che passa dal punk/hardcore all’opera attraversando le arie di Nino Rota e l’intimismo di Elliott Murphy. Usa pellicola e digitale, è lucido nella fase cruda dell’evento, sgrana la visione quando il nostro occhio si confonde con quello dei protagonisti. Tutti bravi ragazzi, che portano dentro una brutalità, una potenza mortifera tremenda. Una rabbia che cova dentro, inadeguatezza, mancanza di senso. Alex sotto la doccia e la sua camminata da figura grigia in un parco luminoso sono due sequenze da mandare a memoria. Paranoid Park è un film di giovani che parla ai giovani ed è destinato ai grandi.

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