find the path
venerdì 28 marzo 2008
Il segno di Dio è dentro di te, è tutto intorno a te. Stigmata
Scherza con i fanti ma lascia stare i santi. Non fa altrettanto padre Andrew Kiernan, sacerdote/scienziato mandato in Brasile ad indagare sulla morte di padre Alameida, a seguito della quale accadono eventi inspiegabili razionalmente (una madonna piange vero sangue, colombe bianche tornano nel luogo di culto, candele si spengono e si accendono all’improvviso). Il rosario del missionario viene recapitato come dono a Frankie, giovane parrucchiera atea dalla vita disordinata. Quasi per scherzo la vita inizia a cambiare. Il suo corpo diventa un mezzo, tramite di un messaggio tremendo. Lo spirito le si manifesta attraverso le stigmate, i cinque segni del martirio di Cristo. Ferite su polsi e piedi, frustate alla schiena, i segni della corona di spine, la lancia nel costato. Padre Kiernan accorre nonostante le interferenze delle alte sfere. Ed è proprio seguendo questa pista che scoprirà una scomoda verità, un Vangelo mai riconosciuto dal Vaticano (quello gnostico di Tommaso), il vero Verbo di Gesù.
È questo il canovaccio di Stigmata (Stigmate, 1999), horror dall’afflato mistico di Rupert Wainwright. Un buon prodotto di genere, capace di tenere alta la tensione, di far riflettere su un paio di tematiche importanti (la perdita di senso della realtà, la passione, il credo), di elaborare con stile concetti visivi difficili. Wainwright cade spesso in un eccesso di estetismo, con inquadrature barocche ed effetti ridondanti da videoclip (i flou su volti e gocce di sangue così come i ralenti sembrano una autentica ossessione). Tuttavia partendo da uno spunto noto – che sa tanto di The Exorcist (L’esorcista, William Friedkin, 1973) – riesce a costruire una vicenda forte e tesa. Basandosi soprattutto sui due protagonisti (ottimi Gabriel Byrne e Patricia Arquette), un uomo diviso tra fede e scienza, una donna incredula di fronte al divino.
Senza remore, Stigmata sferra anche una dura accusa alla Chiesa come istituzione, legata ai beni terreni e alle conquiste del potere. E riafferma al tempo stesso gli antichi valori del Cristianesimo, la presenza di Dio in ogni cosa e la benevolenza di Cristo. Seppur in chiave molto statunitense, è lanciato un messaggio non facile, affrontato con un intrecciarsi costante di sacro e profano. Peccato sia rimasto un caso isolato nella filmografia di Wainwright, persosi nelle nebbie della mediocrità con l’inutile remake di un classico dell’horror, il cult di John Carpenter The Fog (1979).
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento