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Per una volta il titolo italiano si rivela all’altezza di quello originale. Là dove scende il fiume (Bend of the River, 1952) è il luogo dove cerca redenzione Glyn Mc Lyntock (James Stewart), bandito del Missouri in cerca di espiazione. Il passato è una traccia difficile da cancellare, prova a dare una virata alla propria vita scortando dei coloni verso le prosperose terre dell’Oregon. Salva anche dalla forca un suo simile, Emerson Cole (Arthur Kennedy), che alla fine dei conti si rivela la mela marcia che tutti sospettavano. La vendetta allora non può che essere l’unica soluzione.
Anthony Mann gira un western attento soprattutto alle dinamiche e alle sfumature psicologiche dei suoi personaggi, «in cui il talento sarà sempre messo al servizio della storia e non di ciò che essa significa» (André Bazin, Evoluzione del western, in Che cos’è il cinema?, Milano, Garzanti, 1971). La voglia di riscatto, un’identità tormentata da nascondere, la paura di una mancata accettazione. Sono questi i dilemmi di Glyn, diviso tra l’etica e l’istinto, il dialogo e la violenza. D’altronde come fare in un mondo nel quale tutti sono accecati dalla febbre dell’oro, le leggi del mercato iniziano a farsi spietate e le pistole sono il solo modo d’intendere la giustizia?
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Esiste una differenza tra uomini e mele, esiste…
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