find the path
giovedì 14 febbraio 2008
But it did happen… Magnolia
Due padri, due figure/mostro che tutto divorano e vomitano.
Il primo è il produttore Earl Partridge (Jason Robards), uomo volgare e dispotico in fin di vita, sposato con una donna più giovane (Julianne Moore) che lo ha scopato, ne ha preso i soldi, salvo pentirsene giunta ormai alla fine, quando gli psicofarmaci che assume hanno già preso il sopravvento. Earl è curato dal tenero e imbranato infermiere Phil (Philip Seymour Hoffman), cui spetta l’arduo compito di rintracciarne il figlio Frank (Tom Cruise), una specie di guru del sesso e della seduzione, patetica icona di machismo e fragilità.
Il secondo è il conduttore televisivo Jimmy Gator (Philip Baker Hall), cancro terminale e vizio dell’alcol, marito di una donna sempre tradita e papà di una figlia, Claudia (Melora Walters), distrutta dall’abuso di cocaina e vittima di questo padre padrone. Di Claudia si innamora Jim (John C. Reilly), poliziotto che possiede tutto ciò che a virtuosi e viziosi manca. A questo coro si uniscono altri genitori/figli in difficoltà - l’arido Rick Spector (Michael Bowen) che vuole sfruttare il successo in un quiz del suo piccolo genio Stanley (Jeremy Blackman) - e un talento ormai soffocato (William H. Macy) in cerca soltanto d’amore.
Non è una polifonia di Robert Altman, né una fredda e ironica ricognizione di affetti ed emozioni targata Im Sang-soo. È Magnolia (1999), il film più ambizioso, difficile, estremo di Paul Thomas Anderson. È una pellicola lunga (ben 188 minuti), articolata, densa, che nonostante la durata scorre e travolge come un fiume in piena. Perché ai personaggi ci si attacca, ci si affeziona, anche se siamo al cospetto di una tossica, di un pagliaccio che inneggia al cazzo o di un bambino che ha completamente perso (cui hanno fatto perdere) il senso dell’infanzia. Anderson gira con una estrosità senza limiti, coglie l’attimo, il momento unico dei singoli individui per poterli rappresentare in pieno. Muove i protagonisti come burattini animati dal caso, escogita soluzioni visive impressionanti (la pioggia di rane rimarrà per sempre nella storia del cinema), ci parla di solitudine, fedeltà, alienazione, freddezza, amore con un impeto raggelante. Una giornata qualunque che è la proiezione di noi stessi, del nostro vissuto e di un passato che per quanto lontano torna. Torna sempre. Tanto inaspettato quanto surreale.
But it did happen…
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