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mercoledì 17 ottobre 2007

La pura forma del noir. Brivido caldo


È divertente analizzare la nascita di Brivido caldo (Body Heat, 1981). Lawrence Kasdan prima di sfondare come sceneggiatore è un giovane studente di cinema, che da ragazzo è divorato dalla passione per i romanzi di Raymond Chandler, Dashiell Hammett, Mickey Spillane, James M. Cain e Jim Thompson. Di conseguenza per le trasposizioni cinematografiche che negli anni Hollywood ha prodotto da tali opere (pensiamo a certi film di Howard Hawks, John Huston, Robert Siodmak, Otto Preminger). Il noir nella sua pura forma, quello di La fiamma del peccato (Double Indemnity, 1944), Il postino suona sempre due volte (The Postman Always Rings Twice, 1946) e Il grande sonno (The Big Sleep, 1946), tanto per intenderci. Kasdan prepara un saggio universitario e cosa fa? Prende tutte le funzioni narrative classiche del genere, le convenzioni, gli archetipi e stereotipi. Li ammanta di un tessuto espressivo tipico di quegli anni (i plastificati ‘80) mischiando però le carte. Un po’ come facevano i gruppi garage psych del Paisley Underground che tra il 1982 e il 1987 riprendevano lo stile di The Byrds, Quicksilver Messenger Service e Buffalo Springfield (riscoprire gente come Dream Syndicate, Green On Red, The Steppes e Thin White Rope per capire di cosa stiamo parlando).


Ecco dunque la classica vicenda torbida condita con ampie dosi di cinismo. C’è un avvocato rampante che vive in Florida ed è attratto in maniera incredibile da una donna bellissima incontrata per caso (?). Ovviamente ricambiato. Iniziano a frequentarsi, incontro dopo incontro, sesso su sesso. Fino a quando la misura è colma e lei (la dark lady Matty Walker) non riesce a convincere il suo amante di adottare una soluzione finale: eliminare suo marito. Mai fidarsi in pieno però…

I personaggi del film (e dimenticare le interpretazioni di William Hurt e Kathleen Turner è impresa difficile) sono mere pedine, vittime inconsapevoli di un gioco creativo. Artefici e prede di un destino beffardo, che delle loro vite se ne fotte. Il demiurgo Kasdan mostra di avere polso, avvincente senso del ritmo, una regia chiara, classica. Soprattutto a differenza di tanti altri cineasti della sua generazione che si sono confrontati in modo particolare con il genere (pensiamo ai fratelli Coen o a Michael Mann), realizza un’opera teorica. A living theory, verrebbe da dire. E poco importa di quale sarà il presente o il futuro dei suoi protagonisti, perchè sono l’intreccio, la rappresentazione delle passioni, gli andirivieni della storia ad esplodere in primo piano. Un laboratorio di immagini che cita e pensa a sé stesso, fregandosene di umanesimo, speranza, morale.

Ah, bisogna anche dire che la scena di sesso tra Ned e Matty è una delle più torride e sensuali di tutta la storia del cinema.

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