find the path

mercoledì 30 gennaio 2008

Nelle terre selvagge. Into the Wild


A come Alaska. La meta tanto agognata. Una fuga perfetta. Ovvio da cosa si scappa. Soldi, gratificazioni mancate/mancanti, genitoristudiolavoromogliefigli, un intero sistema di valori. Ipocriti. Soprattutto perché pilastro ‘morale’ degli Stati Uniti d’America, il paese che più di ogni altro ha fatto del mito fondativo del deserto e del giardino la propria storia (di fatti, parole, immagini). Un poema affascinate per un viaggio lunghissimo, oltre se stesso e i propri limiti. Un percorso di auto-conoscenza, da esteta del movimento. È questo il tracciato che trasforma Christopher McCandless – brillante studente con un avvenire radioso – in Alex Supertramp, il trampoliere. Mollare tutto il superfluo e vivere secondo natura. Fragilità fisiche ed emotive comprese. Fino alle estreme conseguenze.


Alex è un bravissimo Emile Hirsch e Into the Wild (2007) il canto di Sean Penn alla bellezza primigenia (e smarrita) della sua/nostra terra. Adattando il libro di Jon Krakauer Nelle terre estreme, Penn si mette in moto verso il centro del mondo e dell’uomo. Verso l’essenza stessa del raccontare (per immagini) il senso dell’avventura. E lo fa citando Jack London, Lev Tolstoj, Henry David Thoreau. Concedendosi a spiccioli di umanità che ancora sa amare, credere, condividere – i due freak, la giovane cantante (di una bellezza micidiale Kristen Stewart), la coppia danese, i ruspanti agricoltori del Colorado, il vecchio Ron Franz, reso splendido dagli occhi umidi di Hal Holbrook. Risultando persino elementare e didascalico nella posizione radicale contro il consumismo di massa. Cogliendo però pienamente nel segno quando affonda intelligenza e sensibilità nelle pastoie di quel pacco marcio di doveri imposti, obblighi di fede e ‘sangue’ che viene chiamato famiglia.


Ecco allora i chilometri, la strada, la sopravvivenza, solo il necessario. L’obiettivo della mdp si immerge nella wilderness, ne assorbe il respiro, ne amplifica la distanza smisurata dai finti filmini di celebrazioni, ricorrenze e avvenimenti piuttosto inutili. Eddie Vedder intona la sua Society e di colpo tutto è armonia, pienezza. Alex guarda in macchina, si guarda, ci guarda. Come dire “ecco, questo sono davvero io”. Le cose con il proprio nome.