find the path

mercoledì 21 novembre 2007

Auguri Alfredo


Un’esplosione di vetri infranti, di acqua e bambini che giocano con un cappio. Una violenza estrema ed essenziale alla catarsi. Un proiettile che buca il corpo facendolo aprire in un fiore che sboccia rosso. Le risate totali che si librano riempiendo lo spazio. La fragilità potente di un loser che, alla fine, film dopo film, non fa altro che continuare a vivere anche dopo la morte. Poiché il loser è un perdente esclusivamente in relazione alle regole socio-politico-economiche vigenti, ma è l’unico che conosce la via alla Vita, nonostante, paradossalmente non sia capace di conservare la sua esistenza nel contesto in cui è inserito. Si tratta di outlaw che lottano con disperazione per la loro sopravvivenza e che in qualche modo, anche morendo, ci riescono. Il finale de Il mucchio selvaggio (The Wild Bunch, 1968), ad esempio, è un’esplosione di gioia distruttrice; il Gruppo compie la sua missione, l’atto estremo di ribellione, la strage sacra, la rivoluzione, tutto quello che la società merita. E dopo essere morti, li vediamo ancora cavalcare e, soprattutto, ridere (mentre i due sopravvissuti si uniscono alla rivolta messicana).


I nostri occhi di fronte a tale spettacolo diventano più umidi, ma la nostra bocca gode aprendosi in sorriso. Sentiamo che ci troviamo di fronte ad un happy end, sicuramente sui generis, un finale positivo, però… alla maniera di Peckinpah.

Il regista mostra direttamente, attraverso le molteplici risate dei suoi protagonisti come si fa a schernire la società putrida. Ed anche questa risata è violenza e ribellione, la più sacra, quella che purifica. E nel mondo di questo straordinario autore ci si può ripulire esclusivamente col sangue da un contesto sociale che puzza stomachevole come una carogna.

Nessun commento: