find the path

sabato 29 settembre 2007

The dark side of Hollywood. Kiss Kiss, Bang Bang


C’è una ragazza che si chiama Harmony (nome non casuale... ah, splendida Michelle Monaghan) e si trasferisce a Los Angeles dall’Indiana, il suo sogno è diventare una grande attrice (anche se è riuscita solo a girare uno spot per una birra dove il protagonista è un orso che stacca la testa ai pesci). C’è un ladro di mezza tacca proveniente da New York (bello & bravo Robert Downey Jr.), che per una circostanza a dir poco esilarante si trova a fare l’attore (i meccanismi del business cinematografico lo hanno fagocitato, il provino che sta per sostenere è inutile in partenza, serve solo a far diminuire le pretese economiche di Colin Farell). C’è un detective privato gay (la faccia gonfia di Val Kilmer è perfetta), uno molto cool che ci tiene alla sua classe ed è meno stronzo di quanto appaia a prima vista. I destini di queste tre persone si incrociano dinanzi ad un duplice omicidio e danno vita ad una girandola di situazioni complesse, macabre, ironiche, movimentate. Cornice Hollywood, la macchina dei sogni.


È questa la vicenda che Shane Black mette in scena in Kiss Kiss Bang Bang (2005). Un film piccolo ma prezioso, scritto magnificamente, ironico, graffiante, pungente, che non lascia spazio alcuno a recriminazioni del tipo “ma perchè tutte queste incongruenze nella storia??”. Non le lascia perchè le forzature narrative le crea volutamente, gioca con l’immaginario cinematografico, lo accartoccia e getta nel cestino, per poi riprenderlo pentito e usarlo in modo beffardo come carta igienica. Black riflette sui miti, sulle passioni della giovinezza, sui sogni alimentati dalla cultura di massa (i film, i party lussuosi, i romanzi thriller dello scrittore Johnny Gossamer), sulla cruda realtà di chi queste visioni le elabora. E lo fa mischiando le carte, unendo commedia e azione, black humor e pulp, romanticismo e sano nichilismo. Con dei dialoghi veloci, divertenti, sfacciati; attori che si rivolgono allo spettatore senza temere il paradosso; finti finali che prendono proprio per il culo; eccessi visionari che fanno ridere e disgustare (il dito tranciato di netto e l’uccisione stile roulette russa di uno scagnozzo del cattivo sono momenti memorabili).


Vita e morte sono intrecciati così come realtà e finzione. La scelta di Robert Downey Jr. per sbeffeggiare miti e riti hollywoodiani da questo punto di vista è indicativa. Black sa far girare la sua macchina da presa nel verso giusto, ama, critica e compatisce il sistema nel quale è inserito. Bacia e spara insomma. La sua visione nera dell’universo cinema è affogata da una risata malsana. Come siano utili pellicole del genere per comprendere quanto sia ipocrita, plastificato, a suo modo piacevole e sorprendente Hollywood, è inutile aggiungerlo. In conclusione ci piace solo sottolineare che questo corto circuito finto/vero esplode con Broken, brano che accompagna i titoli di coda. A scriverla e cantarla è Downey Jr. stesso. È tutto più chiaro ora?

Nessun commento: