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martedì 4 settembre 2007
Tarantino's way. Capitolo 1: Le Iene
<<Ve lo dico io di che parla Like a Virgin>>, dice Mr. Brown, interpretato da Quentin Tarantino, nella scena che apre Le Iene (Reservoir Dogs, 1992), a proposito della canzone di Madonna. <<Parla di una ragazza che rimorchia uno con una fava così. Tutta la canzone è una metafora sul cazzo grosso. Cazzo cazzo cazzo cazzo cazzo cazzo cazzo cazzo cazzo>>. Tutto il film, aggiungerei io, è una questione di cazzo. Una esilarante faccenda tra uomini. Sei cani da riserva, una rapina, un padre ed un figlio (Joe e Eddy il Bello) come direttori d’orchestra. Otto uomini che avanzano, come una banda a parte, durante i titoli di testa.
Guerrieri che si reputano Intoccabili, decisi a compiere la loro missione. Assolutamente devoti alla infallibilità della macchina da stangata che costituiscono insieme. Ma il robusto equilibrio è fittizio e il mostro ad otto teste falliche ondeggia scomposto ed esplode. Così, subito dopo i titoli di testa, la deflagrazione si impone: il corpo della spia e i litri di sangue, in cui non smetterà di muoversi sulla scena, diventano come un unico personaggio: Mr. Orange, ovvero, il trauma del Tradimento in seno alla virilissima lealtà su cui si fonda il Patto delle iene in branco.
Ma l’imbroglio non è un dramma quasi religioso; è solo una questione che non può fare a meno di essere Divertente. Come ci viene chiarito definitivamente nelle sequenze in cui vengono assegnati i nomi-colori ai protagonisti: <<Perché io devo essere Mr. Pink?>>, protesta Steve Buscemi, <<Perché tu sei un frocio di merda>>, gli risponde, semplicemente, Joe. I personaggi ridono, il regista ride, il pubblico è, sinceramente, autorizzato a fare lo stesso (se ancora non si era reso conto che quella dell’ironia era la via del film). Riflettiamo anche sulla scena che all’epoca faceva saltare le spettatrici dalla poltrona, quella del taglio dell’orecchio operata da Mr. Blonde (Micheal Madsen) al poliziotto. A orecchio affettato, Madsen si rivolge al rappresentante della legge, e accostandosi il lobo asportato alla bocca dice: <<Pronto, pronto. Mi senti ?>>: è divertente. E ancora, non dimentichiamo che mentre raggiunge il luogo dell’appuntamento con gli altri, il magazzino abbandonato, Mr. Blonde si ferma a prendere delle patatine fritte e una coca mentre l’ostaggio è nel cofano. Beh, io trovo divertente anche questo.
Ma ragioniamo sul modo cinematografico in cui Tarantino organizza e concepisce il film: dialoghi paradossali e serrati, costruiti con un linguaggio liberato dal puzzolente politically correct (…<<e il culo di quella lì?>> chiede Mr. White,<<Dritto dritto su questo uccello>> risponde Mr. Orange ad es., o anche l’uso della parola Negro sciolto da qualsiasi misero e vuoto e ridicolo e timoroso rispetto borghese). I dialoghi sono portati fino all’esasperazione, mentre l’azione procede. La violenza raggiunge picchi di crudeltà estrema, che però si diluisce in mezzo alla leggerezza dei discorsi. Le inquadrature sono originali, pur provenendo dall’insegnamento del Cinema passato. Pensiamo alla scena iniziale: uomini riuniti intorno ad un tavolo che fumano e preparano il colpo. (È la struttura classica di ogni buon film noir, in cui l’azione si muove intorno alla Rubbery, la Rapina a mano armata). La Macchina da Presa ruota all’interno e all’esterno del tavolo; i primissimi piani dei personaggi si alternano così, proprio come in un vecchio film di Sergio Leone. Ma c’è del nuovo.
Il ragionamento dei personaggi scorre, scandendo il movimento circolare della MdP . Poi si mescola ad altri discorsi ai quali si sovrappone, senza che uno prevarichi sull’altro. Nemmeno la cinepresa sembra riuscire ad attribuire priorità all’uno o all’altro argomento (la canzone di Madonna, Toby la cinesina): le voci giungono dal fuori campo e, non rispettando gli schemi, sembrano debordare dallo spazio circolare in cui vorrebbe rinchiuderli il moto della Macchina da Presa. Un eccesso di dialoghi non ne seleziona nessuno, ma permette a tutti di essere presenti sulla scena e di avere la medesima importanza: ma se ognuno è importante allo stesso modo, in realtà non lo è nessuno.
Il cinema di Quentin Tarantino è un cinema che non fa altro che portare tutto all’estremo: dialoghi, inquadrature e attraverso questi, in ultima analisi, i concetti. Siamo di fronte ad un modo nuovo di narrare la realtà mediante lo Specchio cinematografico. L’estremizzazione portata all’estremo, fino a divenire tanto assurda da condurre direttamente, senza via di fuga, all’ilarità. La violenza più feroce diviene ridicola, ci costringe a pensare e a ridere: <<Non me ne frega un beneamato cazzo di quello che sai e di quello che non sai, tanto ti torturo lo stesso. Comunque sia. Non per avere informazioni. Il fatto è che mi diverte torturare uno sbirro. Puoi dire quello che vuoi, tanto non mi fa effetto. Tutto quello che puoi fare è invocare una morte rapida, cosa che tanto non otterrai>> (Mr. Blonde, in Le Iene).
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