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mercoledì 5 settembre 2007

Shortbus, Shivers, Crash e la macchinosità dell'Uomo


"Devo solo sorridere e far finta di godere. Così posso sopravvivere". Shortsbus (John Cameron Mitchell, 2006) è uno stimolante film sulla difficoltà di essere permeabili agli altri. Il secondo lavoro di Mitchell - dopo Hedwig and the Angry Inch, 2000 - racconta l’Odissea di giovani uomini e donne alla ricerca della capacità di sentirsi reali e, in ultima analisi, di toccarsi. "Tutti non sentono niente. È dura non sentire niente".


Una questione del tutto contemporanea, ma già profeticamente annunciata fin dalla metà degli anni ’70 dall’ossessionato regista del corpo in disfacimento. Era, infatti, il 1975 quando David Cronenberg gira il suo primo lungometraggio, The Parasite Murders/Shivers (Il Demone sotto la Pelle).


Uno scienziato, convinto che gli uomini stiano perdendo il contatto con il proprio corpo, sperimenta sugli inquilini del complesso residenziale L’Arca di Noè, un parassita che dovrebbe potenziare le loro capacità sensoriali. Simile ad una sanguisuga, la larva è in grado di moltiplicarsi e passare da una persona ad un’altra mediante il contatto fisico. Ed è solo l’inizio. Anche per Cronenberg.


Trentasei anni - di scienza tecnologica - dopo, Paul Haggis vince l’Oscar con Crash (2004). Certo l’opera di Haggis ci racconta di come le persone sian sole sul cuor della terra. Una dimensione in cui l’Incontro non può essere altro che un accidentale violento incidente.


Siamo apparentemente molto lontani dai deliri della carne di Cronenberg. Il tema, però, è quello: il contatto/contagio tra gli Uomini. Lo stesso narrato altresì dai colori rotondi e vivi di Mitchell.
Il film del texano-gay è, infatti, un rifugio di corpi, al pari dello Shortbus, il locale "alternativo" newyorkese, da cui il titolo. E nel locale, come nel film, la via scelta per arrivare ad Itaca è quella del sesso. Un’opzione quanto mai comprensibile considerato che il sacro Graal, l’Arca Perduta da ricercare è nientemeno che il Tatto. Ma, in mezzo alla miriade di macchine depalmianamente onnipresenti in Shortbus, anche il sesso rischia di farsi lento e macchinoso.
Ma niente paura, in fin dei conti, non si tratta d’altro che di un mare di tecnologia in cui ci sarebbe il bisogno di imparare a muoversi, giusto per avere una simpat(et)ica direzione.

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