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giovedì 27 settembre 2007
Il sesso, questo sconosciuto. Insegnanti, dottoresse e 'coglionelli' nella commedia erotica italiana.
Che belle le commedie erotiche italiane degli anni '70. Film oggettivamente brutti, volgari, che facevano dei pruriti, delle fantasie comuni, del tremendo gallismo italico un manifesto programmatico. Lo spunto per questo post viene dalla visione su una rete locale campana di uno di questi episodi, L’insegnante viene a casa (Michele Massimo Tarantini, 1978). Parte conclusiva di una ideale trilogia (L’insegnante di Nando Cicero - 1975 - e L’insegnante va in collegio di Mariano Laurenti - 1978 -) che vede la bona Edwige Fenech al massimo del suo splendore.
La vicenda è di una banalità sconsolante: Luisa (la Fenech) dà lezioni di piano, nel palazzo dove vive la credono invece una squillo. È fidanzata con l’assessore Bonci Marinotti (Renzo Montagnani), il quale in realtà è già sposato e fa di tutto per nascondere le sue tresche. Potete immaginare dunque quale sia l’andazzo generale della pellicola. Piace però pensare che i bersagli di questa farsaccia (la classe politica, le alte sfere militari, l’affermata ‘casta’ dei brillanti liberi professionisti) da trent’anni ad oggi non siano poi così cambiati. E rappresentino (con le dovute esagerazioni di un cinema trash e pecoreccio) la realtà del nostro paese. Un sano sarcasmo volgarotto che colpisce – rispettivamente – un assessore candidato a sindaco perennemente arrapato, bugiardo e fedifrago (scatenato come sempre Montagnani); un ufficiale dell’esercito tutto d’un pezzo (Carlo Sposìto), malato d’ordine e disciplina, un vero idiota che gioca con i soldatini e davanti a tette, culi e cosce (quelli della divina Edwige) diventa più elastico di un hippy; un medico chirurgo (sornione Gianfranco Barra) che quando si presenta l’occasione (irreale) di scopare, lascia da parte senza alcuna remore etica e senso del dovere.
Il sesso come motore del mondo, unica sfera in cui le classi sociali vanno a farsi benedire. È questo ciò che apprezziamo di questi filmacci. Studenti, dottori, onorevoli, colonnelli, carabinieri. Tutti col chiodo fisso. E sistematicamente fregati dallo sfigato di turno, che non si accontenta di una sega. Detto questo, L’insegnante viene a casa – come altri cento film di questo tipo – è quello che è. Una mezza schifezza. Battute da caserma, nudi a volontà, doppi sensi che diventano sensi unici, sganassoni, buchi nei muri che come d’incanto si trovano paralleli alle docce, grandi incassi ai botteghini, ritmo produttivo instancabile. Discutere di regia o sceneggiatura sarebbe ridicolo. Cinema di genere (o degenere?). Col quale però si ride. Molto. Come non accade nelle commedie italiane buonine buonine degli ultimi anni. Merito anche degli attori, perché facce del genere non ce ne sono più in giro. Oltre i già citati Montagnani, Sposìto e Barra, figurano nel cast Alvaro Vitali e Lino Banfi (impareggiabili i loro duetti da padre-figlio), Lucio Montanaro e Marco Gelardini (il Walter Grass di Il tifoso, l’arbitro e il calciatore - 1982 -, puro cult trash calcistico di Pier Francesco Pingitore). Mancano solo altri pezzi di gnocca del periodo (Gloria Guida, Nadia Cassini, Anna Maria Rizzoli, Lilli Carati, Barbara Bouchet). E soprattutto Mario Carotenuto e Gianfranco D’Angelo. Con loro sarebbe stato un film epocale. Peccato.
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3 commenti:
questo è il mio film preferito con la fenech, l'attrice più bona di sempre.
merita la visione solo per lei che suona il piano nuda.
e quando suona il piano e renzone le tocca le tettone??? scena culto... e poi il dialogo tra lino benfi e gianfranco barra... "questa zona pullula di mignottole!" mitico!
grazie del messaggio morris, sei una presenza sempre apprezzata
see ya
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